Riti e simboli della tradizione
I matrimoni tradizionali in Sardegna sono fatti di una ritualità che affonda le sue radici in un passato ancestrale. Infatti, con l’avvento del cristianesimo, le antiche tradizioni pagane non sono scomparse, ma sono state rielaborate e fatte convivere con le pratiche religiose. In questo modo, colori, suoni, gesti e simboli si uniscono dando vita a rituali unici al mondo, osservando i quali si rimani affascinati, rapiti.
Questi matrimoni tradizionali sono anche oggetto di celebrazioni che riproducono fedelmente la tradizione.
Due sono i più importanti riti tradizionali sardi: la Coja maureddina, rievocazione dell’antico matrimonio di Santadi e di riti della comunità agropastorale del basso Sulcis e la Coja antiga cerexina, fedele e spettacolare riproposizione dello storico matrimonio campidanese.
Per l’organizzazione della Coja maureddina i preparativi durano settimane: dalla realizzazione degli abiti su misura – broccato e seta per la sposa, orbace nero e lino finissimo per lo sposo – alla la scelta dei buoi più forti, dall’addobbo delle traccas – i carri – alla selezione dei canti.
La tradizione vuole che nel giorno delle nozze le traccas ornate di arazzi, tralci di vite, spighe e fiori, trainate dai buoi bardati e condotte su un tappeto di petali rossi e ramoscelli prelevino gli sposi dalle loro case per condurli all’altare e alla loro nuova vita insieme. Il paese si unisce ai festeggiamenti, ogni famiglia su un carro. Il corteo nuziale si muove tra le note dei suonatori di launeddas.
Accompagnano la funzione antichi rituali di buon auspicio, come la benedizione degli sposi con l’acqua da parte dei genitori e il lancio di riso, grano, sale, monete e petali di rosa, simboli di abbondanza, saggezza, ricchezza e amore; il piatto su cui questi “doni” erano stati posti va assolutamente rotto.
Nella Coja antiga cerexina le celebrazioni iniziano giorni prima del rito: il giovedì o venerdì il futuro sposo, accompagnato da un gruppo di ragazzi, tutti in abiti tradizionali, si recano, su un carro adornato, a cantare la serenata sotto casa della futura sposa. Il sabato, invece, un carro trainato da buoi trasporta il corredo della sposa da casa dei genitori alla sua futura abitazione coniugale, il tutto accompagnato da un corteo di familiari in costume e da suonatori. La domenica si inizia con la vestizione degli sposi, con abiti e gioielli ricchi e antichi – broccato, veli di pizzo ricamati a mano – e si prosegue con il corteo verso la chiesa, durante il quale gli sposi sono accompagnati da parenti, testimoni, amici, cavalieri e suonatori di launeddas e tumbarinos.
Tutta la lunga celebrazione avviene in sardo campidanese; dopo lo scambio degli anelli, le mani degli sposi sono unite da “sa cadena”, la catena nuziale.
Terminata la funzione religiosa gli sposi escono dalla chiesa e vengono accolti dagli applausi e accompagnati dal lancio di due colombe. Prima di procedere con il banchetto, gli sposi scriveranno le loro promesse d’amore, da conservare e leggere solo dopo 25 anni e verranno effettuati, come nella tradizione precedentemente descritta, la benedizione con l’acqua, il lancio di buon auspicio e la rottura del piatto.